Diego Gualandris e la luce che danza: un viaggio onirico a Spazio Pesca
- Eleonora F.
- 18 mar
- Tempo di lettura: 2 min
Seguo il lavoro di Diego Gualandris da tempo e ogni volta che osservo le sue opere, ho la sensazione di varcare la soglia di un universo sospeso tra realtà e sogno, dove la luce si fa materia e le forme vibrano di un'energia quasi mistica. È questa la sensazione che si prova visitando "Canzoni per animali d’appartamento", la mostra personale dell’artista ospitata da Spazio Pesca a Milano dal 26 marzo al 13 giugno 2025.
Curata da Arianna Pavoncello e Carolina Latour, l’esposizione si inserisce nel ciclo di mostre the time it takes, un progetto che riflette sul tempo della creazione artistica, sulla sua dilatazione e sulla sua resistenza rispetto alla frenesia contemporanea. E chi meglio di Gualandris per interpretare questa riflessione? Il suo lavoro sembra sfidare il concetto stesso di tempo, immergendoci in visioni eterne, lontane, eppure così incredibilmente intime.

Un sole che pulsa di vita
Il cuore della mostra ruota attorno a due serie pittoriche che hanno come soggetto il sole, elemento centrale nella ricerca dell’artista. Gualandris non lo rappresenta come simbolo mistico o ultraterreno, ma lo rielabora in chiave vivente, animale, in continua trasformazione.
Nella serie “Il sole da giovane”, piccoli dipinti a olio su tavola catturano un momento di esplosione vitale: il sole è ancora adolescente, impetuoso, carico di energia e inconsapevolezza.

"Lingue di fuoco protendono all’esterno come tentacoli, contenendo nella loro stessa forma l’allusione a qualcosa di biologico, alla potenza della vita nell’aspetto di un fiore o di un virus."
Diversamente, nella seconda serie presentata in mostra, il sole si sposta verso una dimensione più adulta. Qui si colloca su una linea d’orizzonte immaginaria, generando paesaggi desertici, sospesi tra il ricordo e il futuro. Una delle ispirazioni di Gualandris è stata la copertina del Vangelo e Atti degli Apostoli edizione San Paolo, un’immagine che molti di noi hanno incrociato almeno una volta nella vita. Il modo in cui l’artista la trasforma, rielaborandola in una sorta di ciclo pittorico fantasy, mi ha colpito profondamente.

Un mondo onirico che si intreccia con la memoria
Ciò che rende l’arte di Gualandris così straordinaria è la sua capacità di evocare mondi fantastici che attingono alla memoria collettiva e personale. Le sue tele sembrano finestre su dimensioni parallele, che mescolano mitologia, cultura pop, cinema e letteratura. Le atmosfere ricordano il pianeta desertico di Tatooine in Star Wars, le visioni psichedeliche di Fantasia di Disney, e i paesaggi surreali di Dune.
Eppure, tutto appare estremamente autentico e vissuto. Come scrivono le curatrici, “Una moltitudine di piccoli occhi pulsanti scruta il visitatore. Come animali appostati, costringono lo spettatore a prendere le misure per avvicinarli, a muoversi piano ma tenendo lo sguardo fisso su di loro.”
Questa sensazione di essere osservati, di entrare in un ambiente abitato da presenze silenziose ma potenti, è ciò che rende questa mostra un’esperienza immersiva.

Arte che diventa esperienza sensoriale
Visitando Canzoni per animali d’appartamento, mi sono trovata a riflettere su quanto sia raro, oggi, fermarsi davanti a un’opera d’arte e lasciarsi trasportare completamente. Gualandris ci invita a farlo, ci chiede di abitare i suoi mondi e di riscoprire il potere dell’immaginazione. La sua arte non è mai statica, ma si muove, respira, cambia sotto i nostri occhi.
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